Testo di Roberto Di Ferdinando (fonte Corriere della Sera)
Nei giorni scorsi è stato presentato alla stampa ed al pubblico il libro “Una Repubblica senza patria” scritto da Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano, edito da Mondadori.
Gli autori, partendo dal secondo conflitto mondiale, raccontano e commentano i momenti salienti della nostra Italia repubblicana. Sangiuliano, che cura la prima parte del libro, cioè dalla guerra agli anni ’60, riporta alcuni aneddoti del periodo bellico che, seppur semplici, possono rendere ben chiara l’idea di come l’Italia si sia ritrovata ad essere governata da una classe dirigente non sempre all’altezza. Di seguito, virgolettati, alcuni passaggi del libro pubblicati dal Corriere della Sera di ieri, che ha dedicato un articolo alla presentazione del libro.
Estate 1943, da alcune settimane il Gran Consiglio aveva costretto alle dimissioni Mussolini, gli Alleati erano sul territorio italico, i Savoia erano prossimi ad abbandonare Roma e la guerra per l’Italia continuava, sebbene il paese non sapesse più chi fossero i veri nemici. In questo clima di grande incertezza e di approssimazione, i servizi segreti militari statunitensi iniziano a muoversi a Roma per prendere contatto con i militari e i governanti italiani per sondare il terreno per una resa o una non belligeranza e per concordare con le autorità italiane fedeli al re un aviosbarco e la difesa della capitale. Al momento di giungere a Roma i due agenti si trovano dinanzi a questa scena: “il comandante della difesa di Roma, il generale Carboni, è a una festa; Badoglio dorme e ha dato l’ordine di non essere svegliato; il generale Ambrosio è a Torino per un trasloco; Roatta e a cena. I due ufficiali alleati vengono intrattenuti da un colonnello che non conosce l’inglese e li tratta da turisti. Il meglio che gli riesce di fare è condurli in un lussuoso ristorante”.
Ancora dall’articolo del Corsera: “il racconto del generale Giuseppe Castellano che firma (3 settembre firma dell’armistizio di Cassibile) la resa italiana agli americani con il futuro direttore della CIA, Walter Bedell Smith: (dal libro)<<La sequenza fotografica che ritrae quella firma suscita ancora oggi imbarazzo e vergogna – scrive Sangiuliano -; Castellano si presenta in abiti borghesi, indossa un elegante blazer, con il fazzoletto nel taschino, come si va al circolo per l’aperitivo, l’aria è di chi sta vendendo un pezzo di terra dal notaio. Il suo abbigliamento suscita ilarità e una certa pena negli angloamericani.>>”
RDF
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